sabato 14 maggio 2011

ATTENZIONE AI BIFOSFONATI !

Dagli anni ’60 sono stati introdotti in commercio i bifosfonati o difosfonati, farmaci utilizzati nella terapia di numerose malattie delle ossa. L’utilizzo di queste sostanze trova largo impiego in tutte quelle patologie in cui si verifica un alterato metabolismo dell’osso: dall’osteoporosi, che causa indebolimento delle ossa e colpisce soprattutto in età avanzata, alle malattie tumorali originate dalle ossa o colpite da replicazioni a distanza (metastasi). Oggi si pensa che i bifosfonati siano tra i 20 farmaci più diffusi al mondo.
Ma come agiscono questi farmaci? La loro azione principale è quella di impedire che le cellule responsabili della demolizione e del riassorbimento dell’osso(osteoclasti), normalmente presenti nel tessuto, vengano attivate nel corso delle malattie sopra descritte, impedendo così un indebolimento delle ossa. Tuttavia l’impiego di queste sostanze comporta anche la comparsa di alcuni effetti collaterali. Accanto a sintomi generali come diarrea, nausea, dolori addominali, esofagiti di gravità diversa a seconda dei casi, si sono verificati casi di danni a carico delle ossa mascellari. Ovvero, si è osservato che pazienti in trattamento con bifosfonati, principalmente per via endovenosa ma anche in alcuni casi dopo somministrazioni per via orale, dopo semplici estrazioni dentarie o più complessi interventi di chirurgia orale, subiscono una grave forma di necrotizzazione dell’osso (morte del tessuto osseo), specialmente alla mandibola, chiamata osteonecrosi mandibolare da bifosfonati.
Non è ancora completamente chiaro come questi farmaci causino tali danni. La teoria attualmente più accreditata vede proprio la loro attività di inibizione degli osteoclasti come principale responsabile. Infatti, quando il farmaco raggiunge elevate concentrazioni nel tessuto osseo, gli osteclasti sono completamente inattivi. Quindi, oltre a non svolgere la loro azione di attivazione del riassorbimento osseo, non si occupano neanche delle loro altre mansioni, come quella di riparazione modellamento del tessuto in caso di danni. Questo vuol dire che l’organismo dei pazienti sottoposti a terapia con bifosfonati non è in grado di riparare i danni riportati dal tessuto osseo in seguito a interventi di chirurgia orale (estrazioni, curettage e levigatura delle radici dei denti, enucleazioni cistiche). In questi soggetti, invece, si verifica la colonizzazione dell’area da parte di vari batteri responsabili dell’osteonecrosi. La lesione si manifesta inizialmente come una piccola infiammazione residua nella zona post-estrattiva o del piccolo intervento effettuato. Successivamente, purtroppo, si forma una zona più o meno grande in cui l’osso si necrotizza e, a quel punto, si deve procedere all’asportazione di tutto il tessuto danneggiato.
Come evitarlo? Per prevenire l’insorgenza dell’osteonecrosi da bifosfonati è fondamentale una corretta informazione sia per i pazienti sia per lo specialista. Va fatta una accurata anamnesi del paziente da parte dell’odontoiatra, per scoprire se il soggetto assume già questi farmaci o se è in procinto di farlo. Nel primo caso è preferibile non effettuare manovre chirurgiche (estrazioni, interventi di chirurgia parodontale, implantologia), prima di tre mesi dalla sospensione della terapia. Se il paziente è in procinto di effettuare terapie con bifosfonati sarebbe meglio posticipare l’inizio di queste, quando possibile, per effettuare tutti quegli interventi atti a preservare la salute orale del soggetto. E’ consigliabile a tutti i pazienti che, per motivi diversi, stiano per intraprendere cicli terapeutici a base di bifosfonati, fare una visita di controllo dal proprio odontoiatra per non avere problemi nel corso della terapia. Nel caso in cui si renda necessaria una visita dello specialista è indispensabile avvertirlo dell’uso dei bifosfonati, per non incorrere nei problemi descritti.

martedì 3 maggio 2011

ABUSIVISMO IN ODONTOIATRIA: GROSSO RISCHIO PER TUTTI!

In Italia possono esercitare la professione del dentista solo i laureati in medicina e chirurgia o in odontoiatria e protesi dentaria iscritti all’albo degli odontoiatri dell’ordine professionale regionale di appartenenza.
È quindi un dentista abusivo una persona che non ha questi requisiti: o non è iscritto all’albo odontoiatrico o, addirittura, non è in possesso della laurea necessaria. 
Nel settore dentale il fenomeno dell’abuso della professione medica sembra essere un fatto inevitabile, impossibile da sconfiggere. Spesso a esercitare la professione odontoiatrica senza poterlo fare sono gli odontotecnici o gli igienisti dentali (ma non solo) che si lanciano nella pratica odontoiatrica, magari dopo aver assistito per un certo periodo di tempo uno specialista. Secondo la legge queste persone commettono reato neanche tanto veniale, ecco perché: il dentista nella sua pratica clinica compie manovre (estrazioni, anestesie, applicazione di sostanze) potenzialmente molto pericolose, soprattutto in alcuni soggetti (cardiopatici, ipertesi, diabetici) per i quali possono arrivare a rappresentare un pericolo per la vita. In un soggetto con alterata capacità di coagulazione sanguigna (persone in terapia con farmaci anticoagulanti) una semplice estrazione potrebbe causare una emorragia tale, a volte a distanza di qualche giorno dall’atto chirurgico, da mettere in difficoltà il paziente. Una capsula applicata su un dente che non articola correttamente con i suoi denti antagonisti, può causare danni all’articolazione temporo-mandibolare (della mandibola). L’uso improprio di sostanze utilizzate in endodonzia (che si mettono dentro la camera pulpare dei denti) può causare lesioni ossee a carico dei mascellari, sino ad arrivare a gravi forme di osteomieliti (gravi infezioni dell’osso).
Come ci si difende? Oggi è molto più semplice che in passato: basta passare uno sguardo attento alla parete dello studio odontoiatrico cui ci si rivolge.  Per legge, infatti, il medico deve esporre i certificati di iscrizione all’ordine degli odontoiatri. Se poi non ci si dovesse fidare dei pezzi di carta incorniciati, è sempre possibile controllare sul sito dell’ordine dei medici e degli odontoiatri della provincia di appartenenza, alla voce elenco iscritti.
Ma cosa alimenta questo fenomeno? Innanzitutto un semplice fatto economico: i prezzi praticati da un dentista abusivo sono solitamente molto più bassi di quelli di uno specialista qualificato. Questo perché non deve “perdere tempo” in aggiornamenti scientifici mirati al miglioramento delle terapie, non si deve preoccupare delle norme di sicurezza nel suo studio perché non risulta iscritto da nessuna parte e conseguentemente non deve pagare alcuna tassa sulla sua attività. Può utilizzare materiali scadenti e inadeguati che consentono di abbattere notevolmente i costi perché meno soggetto a controlli dalle autorità competenti. Solo il malcapitato può accusarlo di aver utilizzato materiale scadente ma solo dopo che il danno è stato fatto.
Tuttavia è bene chiarire che talvolta la responsabilità  è anche dei professionisti qualificati: alcuni colleghi, spesso molto giovani ed inesperti, “prestano” il proprio nome a copertura dell’abusivo in cambio di uno stipendio. Infatti assumendo la direzione sanitaria  di un ambulatorio odontoiatrico di proprietà di un abusivo, si assumono la responsabilità civile e penale di ciò che accade all’interno dello studio, consentendo a chi non ha diritto di esercitare illecitamente la professione. Tale pratica è molto pericolosa per tutti: per il medico prestanome perché risponde di eventuali danni e per i pazienti che non hanno mai la garanzia che le mani che lavorano nella loro bocca sono coscienziose e preparate.
Consiglio a tutti di accertarsi accuratamente delle qualifiche dell’odontoiatra a cui ci si rivolge per salvaguardare la salute della propria bocca; inoltre rivolgersi a sanitari qualificati è una attitudine alla legalità, per evitare di alimentare il fenomeno dell’abusivismo il più delle volte totalmente sconosciuto al fisco e quindi fonte di evasione fiscale.